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Assegno Divorzile

Assegno Divorzile

La rottura di un matrimonio è sempre un evento spiacevole: sia dal punto di vista sentimentale e famigliare (soprattutto quando sono presenti dei figli) sia dal punto di vista economico.

La sentenza di divorzio può prevedere la necessità di sostegno economico per la parte più debole economicamente, attenzione, l’assegno di mantenimento non va confuso con l’assegno divorzile.

Il primo viene erogato durante la separazione, l’assegno divorzile invece è quello stabilito dal giudice quando il divorzio viene completato.

Come funziona

Il Tribunale quindi, nel momento in cui scioglie definitivamente il matrimonio pronunciando il divorzio, può stabilire che una parte versi all’altra una somma di denaro:

  • Una tantum: ossia una sola volta in un’unica soluzione. Dopo di ché nessuno dei due ex coniugi potrà più pretendere nulla dall’altro;
  • Periodicamente: questa è di solito la soluzione più diffusa: l’ex coniuge dovrà versare all’altro un assegno (di solito mensile) per il mantenimento di sé e/o dei figli.

Presupposti: le sentenze

In base a quanto stabilito dall’articolo 5 comma 6 della L. 898/70 (“Legge sul divorzio”), l’assegno divorzile ha lo scopo di assicurare all’ex coniuge con meno o senza redditi, lo stesso stile di vita di cui godeva durante il matrimonio.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 11 del 11/02/2015 ha finalmente risposto con fermezza: il tenore di vita fruito quando il matrimonio era in essere non è il solo presupposto per la determinazione dell’assegno divorzile.

L’articolo 5 comma 6 ne indica altri, ugualmente importanti:

  • La condizione e il reddito degli ex coniugi;
  • La partecipazione personale alla creazione del patrimonio coniugale;
  • La durata del matrimonio;
  • I motivi del divorzio.

Anche la Cassazione ha sottolineato che il tenore di vita determina solo l‘importo massimo dell’assegno divorzile e che gli altri elementi contribuiscono a diminuirlo o perfino azzerarlo (Cassazione Civile: sentenza 2546/2014, sentenza 24252/2013, sentenza 23797/2013, sentenza 15611/2007, sentenza 18241/2006).

Altre finalità che denotano la natura dell’assegno sono di tre tipi:

  • Assistenziale: l’assegno deve sopperire al pregiudizio che consegue all’ex coniuge più debole a causa del divorzio;
  • Risarcitorio: per la configurazione dell’assegno é importante verificare la causa che ha comportato la fine del matrimonio;
  • Compensativa: per la determinazione dell’assegno occorre verificare quanto e come ogni ex coniuge contribuiva alla realtà familiare.

Quando non spetta

L’assegno di divorzio non è dovuto quando:

  1. L’ex coniuge che percepisce l’assegno si risposa. Se invece si risposa chi versa l’assegno, deve continuare a consegnarlo.
  2. Muore l’ex coniuge che versava l’assegno. Gli eredi non sono responsabili degli assegni di mantenimento e divorzili, per cui alla sua morte, il diritto per l’ex coniuge cessa. In questo caso però, l’ex coniuge ha altre forme di tutela, tra cui per esempio la reversibilità della pensione del divorziato.
  3. L’ex coniuge che percepisce l’assegno cambia la sua situazione economica: trova un lavoro oppure, per esempio, inizia una convivenza che gli garantisce un certo tenore di vita (convivenza more uxorio – Suprema Corte n. 25845 del 18/11/2013).
  4. La separazione viene addebitata all’avente diritto all’assegno. Per esempio: la moglie ha diritto all’assegno poiché economicamente più fragile, ma è stato a causa sua che il matrimonio é fallito. Durante la causa si prova infatti, per esempio, la sua infedeltà e l’abbandono del tetto coniugale. In questo caso all’ex coniuge non è dovuto l’assegno divorzile, ma gli spettano solo gli alimenti in caso di bisogno.

Calcolo dell’importo

Il diritto all’assegno divorzile nasce nel momento in cui l’ex coniuge economicamente più fragile non dispone di congrue entrate e non può procurarsele per ragioni oggettive.

Ciò significa che non basta per esempio, che una donna sia casalinga e senza reddito.

Il giudice deve verificare l’effettiva impossibilità di sostentarsi.

Come è facile immaginare, è più difficile ottenere l’assegno quanto più giovane è l’età e quanto ridotti sono gli anni di matrimonio.

Al momento della separazione (che ricordiamo, è la pratica necessaria per arrivare al divorzio) il giudice, avvalendosi di professionisti tecnici, valuta le circostanze, i redditi (anche guadagnati in nero) e il tenore di vita goduto dai coniugi e stabilisce che una parte versi all’altra l’assegno, in modo da eliminare nel miglior modo possibile la disparità economica tra le parti.

Tabelle di calcolo

Non esistono delle formule o dei criteri matematici per calcolare con precisioni l’assegno di divorzio.

La decisione è rimessa alla discrezionalità del giudice che stabilisce l’importo più adeguato caso per caso, tenendo conto delle variabili suddette.

Liquidazione una tantum

L’assegno divorzile una tantum viene concordato liberamente dagli ex coniugi, i quali devono trovarsi in accordo sulla somma, che è risolutiva e definitiva: con il pagamento della somma una tantum si chiude definitivamente il vincolo matrimoniale e nulla è più dovuto.

L’assegno divorzile periodico è modificabile, mentre non è modificabile quello una tantum.

Revisione

In caso di cambiamento delle condizioni economiche di uno dei due coniugi oppure di nuove condizioni sopravvenute (per esempio il trasferimento dei figli da un ex coniuge all’altro), è possibile chiedere al Tribunale la revisione e quindi la modifica dell’assegno divorzile, sia in aumento che in diminuzione.

La richiesta può essere fatta anche solo per chiedere l’adeguamento per la rivalutazione ISTAT (inflazione) dell’assegno.

Da alcuni anni, grazie al D.L. 132/2014, gli ex coniugi hanno la possibilità, prima di rivolgersi al Tribunale, di modificare l’importo dell’assegno tramite una convenzione di negoziazione assistita dai propri avvocati. La stessa norma, permette persino di accordarsi per una modifica dinanzi al Sindaco in qualità di Ufficiale di Stato Civile (purché non ci siano accordi di trasferimento patrimoniale).

Tassazione

L’assegno divorzile, da parte di chi lo versa, è deducibile dal reddito, ad esclusione dei quelli versati per il sostentamento dei figli (art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. ). Dalla somma versata quindi, occorre sottrarre quella destinata ai figli.

Se l’importo deciso dal giudice è totale e nella sentenza di divorzio non era specificato quanta parte fosse destinata all’ex coniuge e quanta ai figli, l’art. 4 D.P.R. 42/88 stabilisce che metà si considera erogato in favore dei figli. L’altra metà è deducibile.

Per quanto riguarda invece la parte opposta, ossia il coniuge che percepisce l’assegno, esso rappresenta reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, perché quantificato nella sentenza di divorzio e periodico proprio come un reddito da lavoro, Va quindi indicato nella dichiarazione dei redditi (730 o Unico) alla voce “redditi di lavoro dipendente” e pagata la corrispondente IRPEF all’Agenzia delle Entrate.

Il versamento dell’assegno divorzile nella modalità una tantum invece, non è né deducibile per l’ex coniuge che lo versa, né rappresenta reddito assimilato a lavoro dipendente in quanto manca il carattere della periodicità. Non va quindi inserito nella dichiarazione dei redditi.

Rinuncia

L’avente diritto può rinunciare all’assegno spettante, tuttavia, se in futuro dovesse verificarsi uno stato di bisogno, può sempre revocare la rinuncia e quindi pretenderlo. E’ possibile rinunciare solo all’assegno per il proprio sostentamento e mai a quello per i figli. La volontà di rinuncia va comunicata al Giudice che, valutata l’effettiva indipendenza economica dell’ex coniuge, la autorizza nella sentenza di divorzio.

Mancato pagamento

Se il tuo ex coniuge non versa l’assegno o ne versa meno di quanto te ne spetta, puoi agire nei suoi confronti ed anche nei confronti dei suoi debitori (per esempio verso l’azienda per cui lavora). In caso di mancato pagamento infatti, possono essere pignorati i beni dell’ex coniuge, parte dello stipendio o della pensione.

Inoltre, al momento della sentenza di divorzio, l’ex coniuge avente diritto può chiedere anche garanzia di natura reale o personale e perfino il sequestro dei beni della controparte.